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Il calcio moderno, così come esso viene giocato oggi nel mondo, è
profondamente diverso dagli sport che sono stati praticati nelle epoche
precedenti la sua nascita, avvenuta in Inghilterra circa due secoli fa.
Per capire la genesi e l’evoluzione di questo sport occorre percorrere le
tracce del passato, accennando brevemente alla nascita dei giochi e ai
fenomeni sociali che ne hanno dato origine ed impulso.
Le caratteristiche dei giochi prima dello sport
Se Mandell afferma che “lo sport risale a molto prima del genere umano,
dato che gli animali giocano” (R. Mandell, 1989, pag. 3) osservando che nel
gioco si esplicano le caratteristiche peculiari di tutti gli esseri viventi, Huizinga è
convinto che le origini delle conquiste più alte dell’umanità in campo sociale e
scientifico possono essere fatte risalire al nostro innato impulso al gioco, che
permette di attivare le nostre capacità creative; Elias, inoltre, intende il gioco
come l’espressione costitutiva della civiltà umana e tende a farlo coincidere con
la cultura in quanto tale. In questo modo lo sport diviene il prodotto di un
processo secolare “iniziato nell’antichità e che prosegue fino ai giorni nostri” (N.
Porro, 1989, pag. 37).
Questi studiosi concordano nel ritenere che il gioco sia una pratica
essenziale per lo sviluppo della natura di base degli esseri viventi. In quest’ottica, “i nostri sport sono le creazioni più splendide del non databile e
trans-specie impulso al gioco” (R. Mandell, 1989, pag. 4).
Sotto ogni latitudine ed in ogni epoca il cimento e l’esercizio del corpo si
sono intessuti con l’esistenza stessa dell’homo ludens, facendo divenire il gioco
una componente determinante delle antiche culture e civiltà.
Da sempre gli storici dello sport lamentano la scarsità di fonti dalle quali
risalire alle caratteristiche dei giochi praticati prima ancora della fondazione dei
grandi imperi, e “quasi tutte le poche conoscenze dello sport premoderno sono
inferite da un insieme impietosamente scarso di elementi”. (Mandell, R., 1989,
pag. 6).
Le prove finora raccolte dimostrano come alcune attività fisiche, che
esistevano già in epoca preclassica al tempo degli antichi Maya e dei Sumeri,
venivano praticate in occasione di riti religiosi allo scopo di propiziarsi gli astri o
gli dei 1, mentre altre attività che potremmo definire "sportive" e delle quali sono
rimaste tracce fino ai giorni nostri avvenivano negli ambienti paramilitari ed
aristocratici per stabilire, attraverso la dimostrazione della potenza e dell’abilità
fisica, la supremazia delle classi dominanti.
Il gioco, tuttavia, non era appannaggio esclusivo delle élite sociali; Mandell
afferma che già nell’antichità, dove era concesso del tempo libero, anche la
gente comune praticava giochi ed attività fisiche.
Queste attività spesso riuscivano a catalizzare l’attenzione e lo stupore
della gente, attratta dalle prestazioni fisiche e dalla destrezza dei primissimi
campioni sportivi, tanto da poter affermare che “molto prima della fondazione
dei grandi imperi ai quali facciamo risalire gli inizi della civiltà esisteva una
grande varietà di atleti e di spettatori, di sport e manifestazioni sportive” (R.
Mandell, 1989, pag. 16).
Ma è solo nella Grecia preclassica che lo sport si formalizza, “assumendo
profondi significati simbolici ampiamente integrati nelle usanze sociali e
religiose” (R. Mandell, 1989, pag. 34).
E’ qui che nasce l’agon, “l’impulso interiorizzato alla ricerca della
supremazia personale che andava legittimata dal riconoscimento della vittoria in
una gara pubblica” (R. Mandell, 1989, pag. 33), termine dal quale deriverà la
moderna accezione di ′agonismo′, filosofia che è alla base delle competizioni
sportive moderne.
Una delle caratteristiche principali dei più importanti giochi della tradizione
classica era il “diffuso esercizio della violenza e della forza bruta” (S. Pivato,
1994, pag. 11).
Questo perché le gare dell’antichità classica, spesso rappresentate come
il grande paradigma dello sport, crebbero in condizioni molto diverse rispetto a
quelle delle nostre gare, e “il più elevato livello di violenza fisica nei giochi
dell’antichità era sintomatico delle caratteristiche specifiche dell’organizzazione
delle antiche società”2 (A. Roversi – G. Triani, 1995, pag. 39).
A differenza dello sport moderno, “altamente organizzato e regolato” (A.
Roversi – G. Triani, 1995, pag. 43), gli antichi giochi come il pancration
assumevano spesso carattere sanguinario per la violenza delle loro
rappresentazioni, nelle quali però i contendenti non venivano puniti né
socialmente stigmatizzati per le eventuali ferite arrecate agli avversari, in
quanto le conseguenze anche gravi della lotta facevano ′parte del gioco′.
Non solo gli incontri di lotta ma anche i giochi con la palla, che venivano
praticati nelle campagne e nelle città d’Europa e che vedevano impegnate folte
squadre con decine di giocatori, spesso si trasformavano in violente zuffe tra gli
avversari che si contendevano le vittorie 3 , tanto da costringere in qualche caso
le autorità a vietarne la pratica. “Un così elevato grado di violenza era tollerato anche grazie alla mancanza o comunque alla indeterminatezza di regole, che
quasi mai erano codificate in norme scritte e, quando esse esistevano,
cambiavano spesso da regione a regione e persino da villaggio a villaggio” (S.
Pivato, 1994, pag. 13).
Tuttavia i giochi popolari, seppure praticati senza regole precise e solo nei
giorni in cui era possibile dedicarsi al leisure time, costituivano un fattore
profondamente aggregante per la popolazione, che trovava in queste pratiche
una valida parentesi alle fatiche del lavoro, tanto da dedicarvisi con grande passione.
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NOTE
1) Mandell osserva come “quelle attività che sembrano assomigliare ai nostri giochi e gare, siano sempre
stati strettamente connessi agli ambiti della vita governati dal sacro e dal magico. Le gare sportive in
quasi tutte le società precedenti la nostra erano parte integrante, o concomitante, di tutte le
manifestazioni religiose”. In proposito cfr. Mandell, R – 1989, pag. 6.
2) A tale proposito Elias afferma che la valutazione dei livelli di violenza tra civiltà di epoche diverse deve
essere “guidata da un modello teorico chiaro come quello offerto dalla teoria dei processi di
civilizzazione”. Elias nota come la nostra interpretazione del livello di violenza delle gare del passato si
basi sugli standard di controllo propri della nostra attuale società, senza riferirsi invece agli standard
dell’epoca. In tal modo giudichiamo il comportamento delle civiltà del passato come ′barbaro′ o ′non
civilizzato′, come se i membri di quella società fossero stati liberi di scegliere tra i loro standard e le loro
norme e le nostre e, avendo fatto la scelta, avessero preso la decisione sbagliata. In proposito cfr. Elias N. – Dunning E., Sport e aggressività, 1989.
3) Basti pensare all’hurling to the country (“palla attraverso la campagna”, praticato in Cornovaglia), alla
Soule francese o al calcio fiorentino. Le cronache dell’epoca affermavano che, in quelle contese, si
vedevano i giocatori “tornare a casa come se rientrassero da una battaglia campale, con le teste
sanguinanti, le ossa rotte e slogate e con lividi tali da abbreviarne i giorni”. In proposito cfr. S. Pivato,
1994, pag. 12.
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