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Anche in Italia esisteva un’antica tradizione di giochi pubblici. In
particolare, il gioco della palla venne menzionato dalle autorità già nel 1300
per vietarlo, ma la sua rapida affermazione avrebbe portato il vocabolario della
Crusca, nel Seicento, a definirne le caratteristiche.
Il più celebre tra i giochi della palla fu quello del calcio fiorentino. A
differenza dello hurling, esso non ebbe origini rurali ma nacque nelle aree
urbane e signorili dell’Italia comunale e raggiunse il suo massimo splendore a
Firenze durante il periodo rinascimentale.
Il gioco consisteva in uno scontro tra due squadre di ventisette giocatori
che dovevano condurre un pallone oltre la meta avversaria, utilizzando i piedi o
le mani, fasciate con un grande bracciale di legno utilizzato per colpire con
forza la palla.
Le partite si svolgevano nelle piazze della città, specie in quella di Santa
Croce, con un grande concorso di spettatori. Anche il calcio fiorentino era
caratterizzato dalla violenza degli scontri tra i giocatori avversari, tuttavia “la
durezza dello scontro era coonestata da un codice di valori cavallereschi, reso
solenne dall’eleganza policroma dei giocatori in livrea e dalla cornice di pubblico
festante” (AA.VV., 1990, pag. 25).
Alla pratica del calcio fiorentino si
cimentarono anche illustri personaggi dell’epoca rinascimentale, quali Lorenzo il Magnifico e Giulio ed Alessandro dei Medici, che sarebbero divenuti papi con i
nomi di Clemente VII e Leone IX.
Finito il periodo rinascimentale il calcio fiorentino, di prerogativa
esclusivamente italiana, “cominciava la sua lunga decadenza” (A. Papa – G.
Panico, 2002, pag. 38).
Le caratteristiche di gioco del calcio fiorentino, tuttavia, non scomparvero
ma vennero ereditate nel gioco del pallone, destinato ad un “impetuoso
successo” (A. Papa – G. Panico, 2002, pag. 38) oltre che a Firenze, anche in
molte altre zone della penisola.1
Le piazze cittadine favorirono l’ampiezza degli spalti, dovuta alla
“crescente popolarità del pallone e al richiamo di un sempre più vasto pubblico”
(S. Pivato, 1991, pag. 37).
Durante il Settecento questo gioco, inizialmente ostacolato dalla cultura
del divieto e dalla subordinazione dello spazio ludico a quello religioso, divenne
il luogo d’incontro di nobili, borghesi e popolani.
L’abilità dei diversi giocatori divenne un modo per appianare le differenze di censo e la piazza divenne, in
questo modo, il “luogo inteso a porre le premesse di una democratizzazione dei
rapporti sociali” (S. Pivato, 1991, pag. 48). Proprio sulla scia del dibattito
illuministico, incentrato sulla funzione sociale ed educativa del gioco, alla
cultura del divieto si sostituì anche in Italia un atteggiamento non solo più
tollerante, ma in certi casi anche incoraggiante l’abitudine al gioco tra le varie
classi sociali; In questo modo il gioco del pallone divenne un elemento non
secondario della socialità urbana.
All’inizio dell’Ottocento la popolarità che il gioco della palla venne
assumendo fu testimoniata dalla costruzione dei primi sferisteri, che sanzionò
“definitivamente e ufficialmente il gioco del pallone all’interno dello spazio
urbano e sociale” (S. Pivato, 1991, pag. 68). In quel periodo esso veniva
giocato oltre che negli sferisteri, campi d’elezione per le partite ufficiali, e nelle piazze, centro di esibizione di giocate meno formali, anche nei collegi militari,
dove esso iniziò ad essere utilizzato come preparazione all’arte militare.
Leopardi, De Amicis ed il Belli scrissero, in alcune delle loro opere, le
glorie del pallone con il bracciale. Esso, pur essendo completamente diverso
dal football che ha originato il calcio moderno, ha avuto il merito di anticipare di
almeno un secolo in Italia le caratteristiche dello sport.
Alla fine dell’Ottocento, tuttavia, “il gioco del pallone inizia la sua parabola
discendente” (S. Pivato, 1991, pag. 31). Le partite si fecero più rare e gli
sferisteri si svuotarono. Pivato afferma che questo declino si inserì in un
processo di più ampie dimensioni che registrò il ridimensionamento dei giochi
della tradizione popolare e l’affermazione delle prime competizioni sportive,
incentivate dalla diffusione in tutta Europa del movimento ginnastico quale
strumento di educazione popolare, in sintonia con lo spirito risorgimentale del
periodo.
Tra le cause del declino inesorabile del gioco della palla praticato con il
bracciale di legno va aggiunta l’affermazione di un nuovo tipo di gioco con il
pallone. Si tratta del football che, importato nel nostro paese dall’Inghilterra,
suscitò rapidamente la passione degli italiani, conquistati da quel “gioco con la
palla coi piedi invece che, come nella tradizione rinascimentale, con le mani” (S.
Pivato, 1991, pag. 32).
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