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“La gente vuol far parte di una squadra.
Vuole far parte di qualcosa
di più grande di loro stessi.” - Coach K.
Il ruolo degli allenatori, istruttori o maestri è strategicamente molto importante in quanto occupa una posizione di snodo delle principali relazioni che si vengono a formare all’interno delle società sportive.
Il potere del tecnico è molto alto a livello simbolico: “il potere di fare o non fare giocare, di aprire o chiudere le porte d’accesso al divertimento”.1
L’allenatore è il leader istituzionale della squadra sportiva; il suo ruolo è caratterizzato da funzioni e attività varie e complesse che richiedono competenze in campo tecnico, psicologico, e presuppongono un grande equilibrio emozionale. Egli all’interno della squadra è la figura – perno su cui si incentrano e intorno a cui ruotano tutte le attività della squadra e la vita sportiva dei singoli. La sua funzione principale è sicuramente quella di utilizzare al meglio le risorse in suo possesso e col tempo a disposizione portare gli atleti ai massimi livelli di prestazione.
In quanto guida della squadra deve darsi degli obiettivi generali2, il cui raggiungimento richiede da parte sua non solo doti tecniche ma anche requisiti di personalità, quali intelligenza e capacità di stabilire rapporti sociali.
Stabiliti gli obiettivi, l’allenatore deve individuare gli strumenti adatti per raggiungerli.
Allenare significa assumere nello stesso momento le funzioni di educatore - formatore, di tecnico - organizzatore e di leader.
In quanto educatore quindi egli ha il compito di formare atleti maturi fisicamente e psicologicamente, il più possibile completi sul piano tecnico. Ad ogni allenamento sarà suo compito cercare di sviluppare e migliorare le abilità cognitive come percezione e memoria di selezione della risposta.
La sua funzione di “docente” è quindi la caratteristica più importante del ruolo che ricopre.
Per un allenatore è importante che gli atleti conoscano bene la tecnica, e poiché non può gareggiare al loro posto, egli ha il compito di preparare il singolo e la squadra a prendere proprie decisioni. Allenare, infatti, vuol dire incrementare l’indipendenza, portare gli atleti a pensare oltre che ad agire da soli.
Il modello ideale di giocatore è una persona capace di pensare, di fare delle scelte, non un giocatore imbottito di nozioni, costruito per essere telecomandato.
Fra i compiti chiave di un allenatore vi è quello di occuparsi della motivazione, una volta veniva chiamata passione, intesa come stimolo che muove e dirige il comportamento dei suoi atleti. Senza motivazioni non vi è partecipazione né tanto meno apprendimento.
Anche in campo sportivo si parla di motivazioni primarie e secondarie: le prime attengono principalmente alla sfera emotiva e sono il gioco e l’agonismo, mentre le seconde fanno riferimento alla sfera sociale e culturale, e comprendono i bisogni affiliativi, estetici e di successo.3
Le responsabilità di cui un allenatore si fa carico durante la gestione di una squadra sono molteplici.
Sarà suo compito sviluppare un senso di appartenenza, utilizzando il “noi” per far si che gli atleti si sentano una forza unica con lui, inoltre dovrà definire i ruoli e i compiti del singolo; è fondamentale infatti che ogni giocatore sappia come, e per grosse linee quanto sarà impiegato. È importante fargli avere una precisa identità tecnica all’interno della squadra che lo motivino all’allenamento e lo facciano identificare nel suo ruolo.
L’allenatore non dovrà dimenticare di fissare obiettivi comuni e chiari, regole da rispettare, orari per esempio, fattori questi che favoriscono la coesione del gruppo e prevengono eventuali conflitti.
Un buon maestro di sport deve evitare inoltre punizioni eccessive che rischiano di far aumentare la paura di incorrere nell’errore.
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NOTE
1) Mantegazza R., Con la maglia numero sette, Unicopli, Milano 1999, p. 39
2) L’individuazione di obiettivi è un elemento imprescindibile di ogni azione educativa. Anche nel contesto sportivo si è rivelata una strategia valida per influenzare positivamente la prestazione, a patto di individualizzare gli obiettivi rendendoli significativi, misurabili difficili ma realistici e di progettare strategie di raggiungimento e di sostegno per gli atleti. Cfr. C. Robazza, L. Bortoli, G. Gramaccioni, La preparazione mentale nello sport, Pozzi, Roma 1994.
3) Cfr. Dino Giovannini, Laura Savoia, Psicologia dello sport, Carocci Editore, Roma 2002, p. 43
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