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IL CONCETTO DI IDENTITA'

di Giorgio Ambrosetti

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    La comunicazione implica una relazione in cui due identità, nel caso specifico un istruttore e un allievo, si incontrano, interagiscono attraverso il linguaggio verbale e il linguaggio non verbale. Queste identità non sono in un rapporto statico ma dinamico, il che significa che si influenzano reciprocamente.
Essere consapevoli di “come” si esprimono i contenuti e le idee attraverso la comunicazione, non è meno importante del conoscere i valori che spingono verso gli obiettivi e del sapere con chi si interagisce. “Non si può non comunicare”, ogni comportamento, infatti, è comunicazione. È un messaggio la parola, il silenzio, il gesto e il contesto. Ogni volta che entriamo in relazione con qualcuno o qualcosa il nostro corpo reagisce (comunica), prestare attenzione alle nostre reazioni emotive e corporee, aiuta ad avere consapevolezza del modo di relazionarsi. Nessuno è perfettamente identico nelle diverse relazioni. Quando si incontra una persona nuova, già dal primo impatto si incomincia a provare qualcosa; è importante che prima di pensare e parlare si impari a sentire e guardare.

Nella comunicazione si possono distinguere un aspetto di fondo, valori antropologici, e un aspetto tecnico, composto da comunicazione verbale e non verbale. Per quanto riguarda il secondo aspetto nella comunicazione verbale è importante ciò che esprimiamo con le parole, quindi i concetti devono essere chiari, precisi e comprensibili; nella comunicazione non verbale è importante ciò che esprime il nostro corpo attraverso gli atteggiamenti, ossia le posture e le reazioni somatiche. C’è una forte correlazione tra comunicazione verbale, che riguarda più il livello razionale e la comunicazione non verbale, che invece è relativa al linguaggio emotivo e corporeo. Quest’ultimo si coglie in modo più immediato ed è spesso il messaggio più forte. Se la comunicazione non verbale non è consapevole, ci può essere un’incongruenza con il linguaggio verbale; si può contraddire il messaggio verbale con atteggiamenti non consoni, il messaggio verbale sarà inefficiente perché arriva in un clima confuso; si avrà in questo caso una distorsione della comunicazione.

Oltre a trasmettere contenuti, informazioni la comunicazione tende a definire la relazione esistente tra gli interlocutori. Il comunicare non è sufficiente, occorre comunicare bene. Vi sono infatti dialoghi inadeguati, caratterizzati da mancanza di ascolto e da tentativi di sopraffare l’altro. La consulenza nel concetto comune sembra essere la forma di dialogo più equa nel rapporto tra atleta ed allenatore. L’assistenza infatti ha già in Sé un carattere squilibrato, che inoltre potrebbe esprimere una certa sottomissione. Nell’intervento è possibile riconoscere un’azione di impronta militare, che guida gli atleti in maniera autoritaria, rischiando però di interrompere il dialogo amichevole. Si rivelano quindi, di grande utilità incontri di gruppo fra atleti con allenatore e coach, fra allenatore e dirigenti, fra atleti di uno stesso team con qualche problema di dialogo fra loro. Sono necessari a volte colloqui con il singolo per richiamare la sua attenzione ad un errore ricorrente. Questo tipo di intervento viene fatto lontano dagli altri membri del gruppo, per evitare che nel giocatore nasca un senso di vergogna.

Ci sono diversi modi di comunicare, si può distinguere una comunicazione empatica e una congruente. La prima avviene mettendosi nei panni della persona a cui ci si relaziona, considerando il suo stato emotivo e il suo punto di vista, la seconda, quella congruente, consiste nel comunicare quello che si sente e si prova. L’importanza di percepirsi e percepire persone e non cose, permette all’allenatore di accorgersi che un’informazione o un comportamento tecnico non influenza solo l’area tecnico-motoria del giocatore, ma la sua intera personalità che appare nelle risposte emozionali, cognitive e corporee. Avere contatto con il proprio se, aiuta l’allenatore ad apprendere come le risposte del giocatore provocano in lui reazioni e come lo influenzano: può essere arrabbiato o contento del comportamento del giocatore; può aver minore o maggiore disponibilità nell’entrare in rapporto, a seconda delle risposte e dei comportamenti dei giocatori (feedback).

La comunicazione consiste nella trasmissione di un determinato messaggio da una sorgente emittente ad un ricevente, pronto a recepirlo e ad elaborarlo. Durante la comunicazione è utile accorgersi di cosa sta succedendo nell’interlocutore e in se. Questo aspetto, viene definito comunicazione a doppio feedback: ogni messaggio viene continuamente verificato sulla base della reazione che produce su chi lo invia e sull’interlocutore. In questo tipo di comunicazione a doppio feedback si può distinguere il feedback che arriva dall’interno (intrapsichico), che riguarda la risonanza che il messaggio ha nell’emittente, e il feedback esterno (interpersonale) quando è legato alle reazioni che l’inviante “legge” sul ricevente. Questo atteggiamento di auto ascolto e di auto percezione facilita la costruzione di una relazione funzionale.

La squadra rispecchia sempre il carattere e il tipo di persona che è l’allenatore. Il giocatore è frutto del modello dell’istruttore allenatore. Il vero insegnamento apprendimento deve essere fatto di idee chiare, spiegazioni semplici, dopo è importante la dimostrazione del gesto, osservare e capire dove ci sono problemi, provare a risolverli; invece di demonizzare gli eventuali errori analizzarli e prima di proporre nuove soluzioni trovarle con i giocatori, questo stimola la curiosità e porta più risultati, e poi ripetere anche all’infinito, fino a quando ce n’è bisogno. La voce dell’insegnante nella conduzione dell’allenamento è una cosa importante, deve avere autorità senza essere autoritaria. L’allenatore deve continuare a stimolare le funzioni cognitive facendo domande, conducendo alla scelta più giusta rispetto alle situazioni specifiche.

La conduzione dell’allenamento migliora se l’allenatore ricorda i tre motivi che portano il ragazzo da lui e che devono essere sempre i suoi tre principi: imparare, divertirsi e giocare. Più sarà in grado di realizzare questi tre principi più sarà il suo successo come insegnante.

Un buon allenatore è colui che ha certi principi educativi, lo stimolo giusto per ogni ragazzo e ogni situazione, una parola, un cenno, ma anche quando occorre, sa alzare la voce. Deve avere la capacità di guardare, vedere e riflettere prima di agire. Fondamentale anche tra i giocatori la volontà e la capacità di comunicare, che spetterà all’allenatore insegnare a comunicare bene, riflettendo su se stessi, guardando i compagni di squadra. I giocatori di una squadra sono avvantaggiati se nel gruppo è presente una coesione elevata. La coesione è definibile come il grado con il quale i membri del gruppo desiderano rimanere nel gruppo stesso, è un fattore legato alla struttura affettiva del gruppo, al successo.
Questa sembra facilitare la capacità di scambio comunicativo tra i membri che tendono ad essere sintonizzati sia in termini emotivi, sia in termini motivazionali. Un obiettivo dell’allenatore deve essere quindi quello di creare una buona coesione tra i membri del gruppo “squadra”.


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