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Principali dati per un’analisi
quantitativa del settore sportivo
e dei suoi scenari

(prima parte)

di Lorenzo Gallotti

Indietro

Dalle varie fonti statistiche disponibili abbiamo selezionato alcuni dati relativi a dieci aspetti specifici, che ci sembrano significativi per cogliere lo spessore quantitativo, la dimensione competitiva e la rilevanza sociale del fenomeno sportivo.

Il dato riguardante i praticanti rappresenta uno degli elementi più significativi per cogliere la grande evoluzione in corso nel mondo sportivo. Per praticanti intendiamo quelle persone che, anche solo a livello amatoriale o personale, praticano uno sport qualsiasi. Sono i cosiddetti “sportivi attivi”.

All’inizio degli anni Novanta avevano superato i 12 milioni, pari a circa il 23% della popolazione italiana. Negli anni Settanta raggiungevano appena il 5%. Di questi 12 milioni di praticanti, 4 milioni sono donne.1
I risultati agonistici conseguiti non rispettano però questa proporzione: infatti il peso delle vittorie conseguite dal settore maschile è dieci volte più rilevante del carniere delle medaglie femminili.

I tesserati sono quasi 5 milioni. Va però ricordato che si tesserano non soltanto gli atleti ma anche i volontari, quelle persone cioè che prestano la loro attività in modo gratuito, nella logica del puro volontario. Il loro numero elevato lascia supporre che il livello delle prestazioni fornite sia ricco di buona volontà, ma scarso di vera professionalità. Se è indubbio che un ricorso così massiccio al mondo del volontariato permette a un’attività sportiva di svilupparsi, sia pure a livello dilettantistico, senza sostenere elevati costi, è altrettanto vero che uno dei problemi principali dello sport sta diventando quello di formare il proprio volontariato.

Un altro dato che ci sembra importante evidenziare è quello dei livelli retributivi. Periodicamente appaiono sui quotidiani alcune statistiche, pur essendo talvolta approssimative, sono sufficienti per delineare le dimensioni del fenomeno.
I dati pubblicati annualmente nel numero di dicembre della rivista Forbes evidenziano che i calciatori italiani, notoriamente conosciuti per le somme da capogiro che percepiscono, non costituiscono il record in materia.
Nei primi quindici posti di questa classifica mondiale gli italiani abitualmente non figurano. Gli sport più retribuiti sono il basket, il pugilato, l’automobilismo, il baseball, il tennis, il golf. Se si riunissero in una squadra di calcio gli undici professionisti più pagati in Italia, le tasse da loro versate all’erario sarebbero pari a quelle di 1500 dipendenti di un’impresa che li avesse assunti a milleseicento euro netti mensili.

Interessante sembra anche la valutazione del cosiddetto indotto sportivo, che è costituito dalle attività di beni o di servizi strettamente correlati alla pratica sportiva. Il solo settore dell’articolo sportivo comprende in Italia 550 aziende, che danno lavoro a 30.000 persone impiegate nella produzione; la relativa rete di distribuzione è costituita da 4500 negozi che occupano 100.000 addetti.

Anche il dato sull’audience televisiva è importante. Ogni anno vengono sfornati dati che destano sempre una grande sorpresa. Quando l’audience televisiva si aggira sui 15-20 milioni di ascolto, potete stare sicuri che nelle prime sedici posizioni il calcio ne occupa abitualmente almeno la metà.
Un record rimasto per anni imbattuto è stato quello di Italia-Argentina del 7 luglio 1990, semifinale dei Campionati Mondiali di calcio disputati in Italia: fece registrare 27 milioni e 537.000 spettatori.

Un’audience elevata fa lievitare i costi. Le reti televisive statunitensi si assicurarono l’esclusiva delle Olimpiadi invernali nel 1960 con 31 milioni di lire. La cifra sfiorò i sei miliardi di lire nel 1976 e ha raggiunto i 637 miliardi per i giochi invernali di Nagano del 1998.


Nei prossimi giorni la seconda parte dell'articolo

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NOTE
1) Fonte: ISTAT

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