Due anni di pandemia sono costati al calcio professionistico e agli altri sport di vertice italiani circa due miliardi di minori ricavi. Gran parte delle perdite, circa 1,5 miliardi, si sono registrate in Serie A. Ma a fronte dell’obbligo di continuare ad andare in campo, anche per dare un segnale al paese, in stadi chiusi al pubblico (per tutta la stagione 2020/21) o con capienze ultra limitate, i 20 club di Serie A non hanno ricevuto ristori o indennizzi diretti, se si eccettuano i pochi milioni di euro, peraltro non ancora materialmente elargiti, per le spese sanitarie sostenute (a patto però di avere meno di 100 milioni di ricavi). In pratica, meno dello 0,5% dei danni subiti sono stati in qualche modo coperti con aiuti pubblici.
“A differenza di tante altre imprese che hanno dovuto fermarsi e che hanno ottenuto contributi – sottolinea il Presidente del Milan, Paolo Scaroni – non si capisce perché al calcio di vertice si sia deciso di non assegnare nulla. La nostra società, in tempi così difficili, si è impegnata a intraprendere un percorso più sostenibile economicamente, ed è bene che tutto il movimento si adegui, ma non è ammissibile questo trattamento per un’industria come la nostra che dà lavoro a 300 mila addetti. Se saremo costretti a ridimensionarci o a chiudere i battenti sarà un problema per tutti gli italiani”.
E per tutta la filiera dello sport, visto che il prelievo fiscale sul calcio di vertice – oltre un miliardo all’anno – finanzia per circa un terzo (mediamente intorno ai 450 milioni) Coni, Federazioni e attività di base attraverso Sport e Salute.
In effetti, cinema e teatri nell’ultimo decreto ristori hanno ottenuto fondi per 110 milioni. Il cinema, settore dell’entertainment limitrofo al calcio, in due anni ha incassato oltre un miliardo.
Sempre nell’ultimo decreto ristori, dalla ripartizione delle somme stanziate per i gestori di impianti e piscine sono state espressamente escluse le società sportive professionistiche.
Nelle scorse settimane tra la sede milanese della Lega Serie A e Palazzo Chigi c’è stata una fitta corrispondenza, ma con scarsi risultati. Il Presidente Paolo Dal Pino e l’Ad Luigi De Siervo non demordono però e, con la mediazione del sottosegretario allo sport Valentina Vezzali e del Presidente Figc Gabriele Gravina, sperano che alcune delle richieste fin qui avanzate possano essere riconsiderate, specie quelle che sarebbero a costo zero per le casse pubbliche.
Al tavolo tecnico che la Vezzali intende promuovere, uno degli obiettivi da perseguire è l’ulteriore estensione del periodo di sospensione/rateizzazione dei versamenti fiscali e contributivi che ad oggi copre il primo quadrimestre del 2022 per un totale di circa 450 milioni (si tratta solo di una dilazione, non di uno sconto effettivo).
Così come si punta ad attingere risorse dal betting, ripristinando la facoltà di sponsorizzazioni vietata dal decreto Dignità o di ottenere una percentuale più ampia del giro d’affari delle scommesse sportive (in media oltre 10 miliardi annui) a titolo di “copyright” sugli eventi (un prelievo che potrebbe valere oltre 100/150 milioni).
L’esempio a cui si guarda con invidia in Italia è quello francese. Il Governo transalpino, a fronte di perdite per 1,3 miliardi, ha riconosciuto ai club di Ligue 1 circa 700 milioni in prestiti a tassi super-agevolati, 50 milioni di contributi a fondo perduto e altri 200 milioni di esenzioni d’imposta. In Francia, dove a febbraio si tornerà al 100% di capienza, è stato anche approvato un fondo per ristorare i mancati introiti da biglietteria per oltre 200 milioni.
Solo da botteghino e hospitality, la Serie A in questi due anni ha visto scomparire 600 milioni. Il derby Inter-Milan al 50% “perderà” circa 2,5 milioni, mentre Milan-Juve con 5mila spettatori ha comportato un buco di 5 milioni per il bilancio dei rossoneri.
La richiesta d’aiuto per “un comparto industriale fortemente attivo sul territorio” arriva anche dalla Serie B e dal Presidente Mauro Balata, in particolare “a fronte dei mancati incassi da stadio per queste ultime due stagioni, ricavi che hanno un’incidenza importante per le società di Serie B già penalizzate da una quota di mutualità in netto svantaggio rispetto alle altre Nazioni dove esiste un sistema di distribuzione delle risorse funzionale alla crescita di tutto il movimento”.
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