Indietro
Risale ormai a quasi un quarto di secolo fa la prima trasformazione dei sodalizi sportivi calcistici in società di capitali, primo tentativo della Federazione Giuoco Calcio di dare un contributo di chiarezza ad un settore che già allora, anche se non in forma esasperata come ai giorni attuali, presentava sintomi di crescita e problemi di consistente rilevanza.
Gli anni che seguirono quel lontano 1961 sino ad oggi hanno assistito ad un evolversi sempre più marcato delle divergenti interpretazioni del fatto calcistico tra componente professionistica e componente dilettantistica.
Il calcio è stato senza dubbio la prima disciplina sportiva a subire l'impatto di una realtà nuova che ha posto l'esigenza di affrontare con nuovi strumenti legislativi il tumultuoso evolversi dei fatti economici. E ciò era ovviamente da prevedere rappresentando il calcio, per la sua importanza e traenza dell'intero movimento sportivo, la tipica rappresentazione di ogni aspetto del fenomeno1.
Il rapido e costante aumento degli interessi economici collegati allo sport e la conseguente necessità di dare una maggiore trasparenza ai bilanci dei club, individuandone al contempo la loro solvibilità verso i terzi, portò all'emanazione della legge 23 marzo 1981, n.81, norma in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti2. Tale legge non sciolse tuttavia i dubbi relativi alla natura giuridica di queste società, infatti, se da un lato veniva sancito che le società sportive dovevano essere costituite nella forma di S.p.A. o di S.r.l., dall'altro, il loro atto costitutivo doveva prevedere il totale rivestimento degli utili nella società per il perseguimento esclusivo dell'attività sportiva, impedendo al club la distribuzione di un eventuale utile tra i soci azionisti.
I motivi dell'emanazione di una disposizione legislativa da molti considerata controversa, vanno ricercati nel retaggio di un passato che continuava a ritenere incompatibile con il movimento sportivo un obiettivo di tipo lucrativo e che non accettava che lo sport da fine fosse diventato uno strumento per il conseguimento di finalità economiche.
Una delle principali conseguenze derivanti dalla legge del 23 marzo 1981 fu che la finalità del club rimase di tipo no-profit e che il suo management continuava ad anteporre il "risultato del campo" al "risultato dell'azienda".
La progressiva entrata in crisi dei soggetti economici che conferivano il capitale a pieno rischio, il continuo incremento di alcuni costi di gestione e le sempre più numerose opportunità di business offerte dal mercato, hanno imposto al legislatore l'equiparazione delle società sportive a tipiche S.p.A.
L'introduzione dello scopo di lucro per le società sportive, previsto dalla legge 18 novembre 1996, n.5863 sancisce il passaggio dal mondo dello sport professionistico ad un sistema "business oriented".
Quello che è importante sottolineare è che l'emanazione della legge n. 586/96 segna una vera e propria rivoluzione, una trasformazione radicale ed epocale del rapporto sport-business attuando un processo evolutivo, sociale, culturale ed economico il cui inizio risale agli anni '60.
Vedi tabella
Sommario
|
* Laureato in Economia Aziendale, collabora con alcuni siti internet, giornali locali e agenzie di stampa realizzando approfondimenti su temi di attualità sportivo/economica.
NOTE
1) Manni F. "Le società calcistiche", Giappichelli, Torino, 1991.
2) La quale dispose che "potevano stipulare contratti con atleti professionisti solo società sportive costituite nella forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata.
3) Tale legge convertì i decreti legislativi nn.415 e 486 del 23 luglio e del 20 settembre 1996.
|