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La gestione strategica
delle società sportive (prima parte)

dott. Lorenzo Gallotti*

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Un cambiamento radicale
Gestire una società di calcio, oggi più che mai, è una cosa seria. In Inghilterra da parecchi anni, in Italia recentemente, sono nati corsi post-universitari per preparare i manager dei club calcistici; economia, marketing, capacità di prendere decisioni, pubbliche relazioni, propensione al rischio.
Basta con dilettanti impreparati che si improvvisano manager; il calcio ha delle sue specificità che rendono difficilmente esportabile un modello classico di impresa, figuriamoci l'improvvisazione di chi sguazza nell'assenza di trasparenza. Trasparenza, Professionalità, Coraggio: queste sono le doti dei futuri governanti del calcio. L'Inghilterra, tanto per andare sul sicuro, brulica di avvocati, analisti finanziari, broker, manager, tutti specialisti del settore, ciascuno ottimo conoscitore di un settore che è si unico ma che, come qualsiasi attività economica, si regge su alcune universali regole.

La quotazione di un club in Borsa è una condizione forse non necessaria, ma sufficiente, all'acquisizione di quelle professionalità che sino ad oggi hanno stentato a trovare spazio. Non è possibile infatti che una persona sia in grado di fare parimenti bene il calciatore, l'allenatore, il direttore sportivo, finanche il presidente. Eppure questa è stata per decenni la situazione italiana, dove un ex calciatore, rimanendo nel giro, poteva con indifferenza passare dal ruolo di opinionista a quello di manager senza che i risultati cambiassero.
Solo i tifosi, e non è una sorpresa, hanno sempre mantenuto un alto livello di "professionismo": oltre all'incredibile capacità di organizzare coreografie e trasferte, i gruppi ultrà hanno incominciato a trarre profitti dal merchandising parecchi anni prima che i club lo facessero; a fronte di importanti società di serie A che solo oggi iniziano ad avere un sito internet, i tifosi ne hanno creati da anni a decine, ed anche di ottima fattura e funzionalità.


Gli obiettivi sportivo-aziendali
La storia ci insegna che nell'ambito dei club professionistici italiani il Presidente di un club, spesso proprietario della maggioranza del capitale sociale e pertanto unico vero detentore del potere decisionale, ha sempre ricoperto un ruolo strategico. Sono da segnalare, tuttavia, molte tendenze evolutive, quali conseguenza diretta dell'introduzione dello scopo di lucro nello sport:
o il progressivo superamento della figura del presidente mecenate che diviene sempre più vero e proprio imprenditore sportivo;
o la metamorfosi da aziende famigliari a scopo dilettantistico a società mature aventi come fine il lucro;
o la presenza di manager specializzati con crescente autonomia e responsabilità.

Al presidente, al CDA e ai manager spetta il difficile compito di ricercare un giusto equilibrio tra componenti sportive e componenti aziendali nella determinazione degli obiettivi societari. Un equilibrio che si presenta spesso delicato per il rischio di ricadere in eccessi tanto nell'uno, quanto nell'altro senso. Si assiste così a brillanti risultati sportivi seguiti da forti perdite di bilancio e bilanci in pareggio o in untile a scapito della formazione di un gruppo vincente.
Ogni organizzazione sportiva esiste per una serie di obiettivi quali: fornire servizi alla collettività, vincere un determinato numero di partite durante una stagione, il profitto, conquistare un titolo, ecc. Questi ultimi sono stati suddivisi da Trevor Slack in differenti categorie, così come riportato nella tabella di seguito:


Nell'ambito professionistico è possibile individuare due ulteriori categorie, distinguendo tra obiettivi sportivi e obiettivi strategici. I primi si riferiscono all'attività agonistica, i secondi riguardano invece la gestione imprenditoriale della società e possono consistere nello sviluppo di determinate linee di attività, nell'acquisto di impianti sportivi e in operazioni simili dal punto di vista economico.
Le due tipologie sono tra loro correlate: la possibilità di raggiungere gli obiettivi strategici può dipendere dalla capacità della società di generare flussi in entrata, il cui ammontare è spesso legato al conseguimento di soddisfacenti risultati sportivi.
La determinazione di suddetti obiettivi può, tuttavia, determinare il sorgere di conflitti di interesse. Si tende, infatti, a ricadere nell'errore di considerare i due campi, sportivo e aziendale, come separati ed indipendenti, ma in realtà mai come ora è necessario che i responsabili di ciascun ambito comunichino e dialoghino tra loro alla ricerca di un medesimo fine.


Sommario                                           
* Laureato in Economia Aziendale, collabora con alcuni siti internet, giornali locali e agenzie di stampa realizzando approfondimenti su temi di attualità sportivo/economica.
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