Indietro
La terza tappa è quella della gestione dell’apice della carriera dove si devono maturare capacità di immunizzazione contro la fragilità del momento ed una forte attitudine alla risoluzione dei problemi di concentrazione, perché un calo mentale è sempre possibile, i contratti che prevedono laute ricompense per tutta la vita sono rarissimi e le occasioni per raggiungerli uniche.
Qui si deve far fruttare nel miglior modo possibile un aspetto che rimarrà, se gestito proficuamente, per molto tempo e che sarà spesso l’alternativa o la strada parallela al contratto di prestazione sportiva: l’immagine.
Le grandi gesta restano nell’immaginario collettivo per sempre e si deve fare di tutto per non distruggere una cosa che forse più di altre genera emozioni e che avvicinano clienti e consumatori, come li allontanano qualora non vengano rispettate talune aspettative, esperienza, per esempio, vissuta da chi si ritrova invischiato in casi di doping piuttosto che di scommesse clandestine.
L’ultima fase è quella della gestione della precarietà della carriera, quella che porta al beautiful exit.
Prima o poi il sogno finisce e la realtà che segue non sempre è così rosea come è stata quella sportiva, non si è più al centro dell’attenzione di media e pubblico, si comincia a prospettare uno stipendio normale ed un tenore di vita che si allineerà agli standard comuni.
Per evitare frustrazioni e per permettere che chi gestisce l’atleta ne abbia profitto anche dopo la cessazione dell’attività, si deve programmare l’uscita, in parte con la prevenzione, ossia con il già conseguito diploma, il resto con l’intraprendenza che vede al centro del possibile inizio di una attività imprenditoriale quell’immagine tanto importante da salvaguardare quando si cavalca la cresta dell’onda.
Altri accorgimenti da seguire sono i seguenti:
• Disegnare in anticipo alcune alternative professionali che potrebbero anche riguardare direttamente il mondo sportivo che, essendo in crescita, abbisogna di figure professionali competenti tecnicamente, ma che abbiano anche la mentalità giusta per affrontare lo sport lontano dal campo da gioco;
• Cercare di diffidare da investimenti fasulli e promettenti, perché la finanza necessita di competenze specifiche e non è come giocare alla roulette, per cui la strada dell’investimento deve essere percorsa con accanto persone che abbiano conoscenze specifiche;
• Entrare in qualche gruppo imprenditoriale serio sin da giovani per sfruttare al meglio il tempo libero che l’agonismo mette a disposizione;
• Non abbandonare l’attività sportiva, dandosi alla pratica amatoriale per evitare il declino psicofisico che potrebbe risultare devastante.
Il ciclo di vita finora esposto è formato da tanti altri piccoli cicli che si possono individuare all’interno di ogni stagione agonistica che l’atleta va ad affrontare. Infatti, è fisiologicamente provato, che è impossibile mantenere lo stesso stato di forma durante tutto l’arco della stagione sportiva e che anzi c’è una ciclicità dipendente dalla preparazione atletica a cui i giocatori si sottopongono nei periodi antecedenti all’inizio dell’attività e dallo stato psichico in cui versano nel momento di riferimento.
Anche questi aspetti stagionali vanno gestiti, non bisogna permettere che diminuisca l’interesse intorno all’atleta, bisogna fare degli investimenti prima che arrivi il momento in cui il calo di forma non consenta quella visibilità su cui puntano le aziende e su cui fanno affidamento gli spettatori, a maggior ragione se l’atleta in questione non ha una personalità ed una capacità tecnica tali da far passare inosservato un momento di difficoltà, dove per il grande campione il pericolo si avverte nella reiterazione di questi periodi.
Seguirà la quarta parte dell'articolo
Sommario
|