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L'organizzazione delle Olimpiadi è un'esperienza unica ed affascinante, ma anche molto complessa.
La letteratura scientifica sottolinea come i Giochi Olimpici costituiscano un’occasione eccezionale in termini di investimenti, comunicazione, opere pubbliche ed iniziative private. Anche altri eventi sono importanti, ma non possono essere paragonati alle Olimpiadi in termini dimensionali: tra questi anche l’organizzazione degli Expo mondiali, o la nomination di “città europea della cultura”, costituiscono grandi occasioni di promozione, visibilità e riqualificazione urbana.
Le motivazioni della candidatura delle città ad ospitare questo grande evento sono le più disparate e composite, e vanno tutte ben al di là del mero contesto sportivo.
In alcuni casi le Olimpiadi sono state utilizzate come legittimazione politica a livello internazionale. È questo il caso di Seoul 1988, la quale voleva superare la fase della guerra fredda e “portare la Corea nel mondo, e il mondo in Corea”. Un esito di questo tentativo è offerto dal turismo, i cui dati funzionano da indicatore del tentativo proposto. I visitatori erano 1.660.000 al 1987, e sono diventati 4.250.000 al 1988 (i Giochi si sono svolti nel gennaio 1988).
In altri casi le Olimpiadi sono state utilizzate per dimostrare la capacità di una nazione di competere a livello internazionale, mettendo in mostra una scelta forte e credibile. È questo il caso di Chamonix, Olimpiadi invernali del 1924, che evidenzia un progetto ben preciso, a forte connotazione nazionalistica, volto a sostenere un orientamento governativo che intreccia l’obiettivo di centrare le Olimpiadi con la finalità di posizionare alcune località francesi di sci nel panorama delle mete del turismo internazionale.
Una città che ospita le Olimpiadi deve definire progetti per varie destinazioni: villaggio olimpico, centro stampa e comunicazioni, sistema dei trasporti pubblici a livello locale, regionale e, se del caso, nazionale, strutture sportive, impiantistica e collegamenti specifici, alcune aree della città centrale o di determinati quartieri da recuperare, aree dismesse da rivitalizzare, strutture alberghiere, ristoranti, alloggi privati. Tuttavia esiste una enorme differenza nella gestione di questi interventi.
Come si accennerà anche più avanti, il caso positivo è Barcellona, che ha utilizzato le Olimpiadi estive del 1992 per una riqualificazione urbana avviata a partire dai primi anni ‘80 e con interventi diffusi su tutta la città.
Malgrado la rigenerazione in atto, Barcellona era carente di strutture sportive e di attrezzature dedicate, e ha dovuto definire alcune azioni precise in diverse aree della città; è stato costruito il Villaggio Olimpico e recuperato il fronte mare, con il nuovo porto olimpico; sono state ammodernate le strutture ricettive. Barcellona, quindi, non costituisce solo un esempio di riqualificazione urbana, ma è anche un modello per quelle operazioni di piena valorizzazione turistica e culturale di una città o di un dato territorio. In questi progetti Barcellona conferma la capacità di investire sulla città e sulle periferie urbane cogliendo l’occasione dei grandi eventi, come ad esempio il Forum internazionale delle Culture, patrocinato dall’Unesco e tenutosi nella capitale catalana nel 2004.
In altre esperienze le cose non sono andate nella medesima direzione: ad Atlanta 1996 sono state segnalate difficoltà logistiche pesanti: i Giochi sono stati chiamati “The Second Best Games”, dopo il 1992, a causa dei problemi del trasporto pubblico e di altre infrastrutture. Atlanta resta invece un esempio positivo sotto il profilo del bilancio economico, avendo sfruttato un effetto di “trascinamento” che ha riposizionato la Georgia e la sua capitale tra le mete appetibili per investimenti economici e localizzazioni industriali: è quindi un caso di marketing territoriale tradizionale, cioè un’occasione per acquisire investimenti economici per insediamenti produttivi e servizi.
Nei Giochi invernali, invece, si è posta maggiore attenzione sull’impatto ambientale. A Calgary 1988 si è parlato di una eccessiva urbanizzazione, di speculazione fondiaria, di degrado ambientale, con notevoli problemi nella gestione del “dopo Olimpiadi”, di divisioni tra gli attori locali per la mancata pianificazione del riutilizzo delle strutture e dell’impiantistica sportiva. Anche Sapporo City 1972 induce a riflettere sul “dopo evento”, avendo realizzato un numero relativamente limitato di progetti, anche per la vicinanza delle sedi di gara alla città centrale: ma sono emersi problemi di impatto ambientale e deforestazione, per cui sono state smantellate alcune strutture sportive una volta terminati i Giochi.
In altri casi le Olimpiadi sono state più nettamente indirizzate alla valorizzazione e riaffermazione turistica di un’area o di una città, come nel caso di Albertville 1992. La Savoia ha rafforzato l’immagine di un’area destinata agli sport invernali, e non solo al soggiorno estivo, avviando la modernizzazione dell’impiantistica sportiva, delle strutture ricettive, delle infrastrutture. In negativo, sia pure parzialmente si colloca Grenoble, Olimpiadi invernali 1968, ove la scelta di abbinare una città di medie dimensioni ai Giochi Olimpici invernali appare forzata, con effetti negativi o ambivalenti.
Come visto, le Olimpiadi possono rispondere alle motivazioni più diverse, ma non bisogna dare per scontato che i Giochi Olimpici producano solamente benefici per la città ospitante. Un evento non genera automaticamente una crescita del business turistico della destinazione che lo ospita. Inoltre, se non si definisce l’utilizzo post – olimpico delle strutture, se l’evento non viene fatto precedere o seguire da altre iniziative, è alquanto probabile che la città ospite si ritrovi con un “fardello” sulle spalle, rappresentato dalle costose strutture realizzate e dagli ingenti fondi necessari per il mantenimento delle stesse. L’esperienza insegna ad avere una percezione chiara del proprio posizionamento e una visione di dove si vuole andare.
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