Che anche l’efficienza mentale sia la chiave del successo sportivo (e non solo) Riccardo Ceccarelli, medico dello sport e fondatore a Viareggio del centro di Medicina dello Sport Formula Medicine, lo aveva intuito una trentina di anni fa quando, grazie ai suoi studi che avevano coinvolto piloti di Formula 1, si era reso conto che il ritmo di una gara è dato dalla stanchezza o dalla lucidità mentale dell’atleta.
“Con il supporto di una équipe di neuroscienziati ho studiato la funzionabilità del cervello di 12 piloti attraverso risonanza magnetica mentre eseguono impegnative performance mentali e le ho confrontate con quelle di non sportivi, scoprendo che ciò che distingue la forza dei primi non sono i risultati raggiunti, ma è l’economia mentale: mentre in genere le persone hanno la testa affollata da paure, ansie, distrazioni, i piloti risparmiano, fanno economia, sgomberano la strada dai pensieri, mettono davvero il pilota automatico”. Significa che un pilota vincente, a parità di prestazioni, ha un minor dispendio di energie cerebrali: la sua corteccia frontale coinvolta nella pianificazione delle azioni si attiverà poco perché il pilota si affida agli automatismi.
Altri neuroscienziati hanno confermato che in generale i campioni dello sport sono predisposti ad avere “un cervello economico”. Ma non solo loro. Anche manager, chirurghi e musicisti di successo hanno questa dote che sembra caratterizzare tutti coloro che sono sottoposti ad elevato impegno mentale.
La predisposizione sicuramente aiuta, ma con il giusto allenamento tutti possono imparare a disperdere meno energie e ad essere maggiormente focalizzati sull’obbiettivo, arrivare cioè alla massima resa con la minima spesa per riuscire a svolgere compiti impegnativi.
Grazie a una serie di test opportunamente realizzati, ognuno può conoscere l’energia mentale consumata per raggiungere una determinata performance con precisi feedback numerici. “Come in una palestra fisica si allenano le gambe, braccia, coordinazione, resistenza e si ha immediatamente un riscontro della efficienza atletica, nella palestra mentale misuriamo i risultati di skills mentali come ad esempio attenzione focalizzata, pulizia dei pensieri, reattività, capacità strategica, integrando i risultati con il dispendio energetico cerebrale e cardiaco per misurare l’efficienza cerebrale, ovvero la “Neural Efficiency”. In base alle carenze emerse e alla professione andiamo ad allenare le singole esigenze”.
L’obiettivo finale è quello di gestire al meglio le proprie risorse, che significa stancarsi meno e mantenere alta la lucidità anche in situazioni di stress. Raggiungere l’85% di Neural Efficiency nel test in condizioni standard è considerato un ottimo risultato. Ma quando a quel compito vengono aggiunte distrazioni visive o sonore, oppure viene eseguito il test in competizione con altri, tutto cambia: l’efficienza mentale cala, si diventa più dispendiosi.
Durante le “sfide”, grazie anche al lavoro di un team di psicologi, emerge il carattere del singolo: il permaloso, l’insicuro, il rigido, l’emotivo e così via e questo è un passo importante nell’identificazione degli esercizi mentali ad hoc per migliorarsi.
“Seguiamo gli atleti dell’Accademia di tennis di Riccardo Piatti, la nazionale di sci canadese, piloti di Formula 1 e moto, ma l’allenamento mentale funziona molto bene anche in ambito aziendale, militare e clinico. Stiamo aiutando anche due chirurghi che vogliono imparare a risparmiare energie nervose mantenendo alta la lucidità, dovendo spesso restare in sala operatoria anche 6-8 ore” sottolinea Ceccarelli.
Il percorso per raggiungere l’economia mentale prevede tre passaggi: autoconsapevolezza, flessibilità e sicurezza in sé stessi. I risultati dei test forniscono riscontri concreti, ognuno può capire quando e come lavora meglio su un determinato compito, arrivando a una profonda consapevolezza delle proprie abilità, delle proprie incertezze, degli errori e dei miglioramenti ottenuti sul campo con l’esercizio mentale.
“Quando mi conosco profondamente so cosa può mettermi in crisi, so che cosa sbaglio in particolari frangenti e più mi conosco, meglio mi adatto alle difficoltà, diventando più flessibile e capace di cambiare strategia anche di fronte agli imprevisti” sintetizza Ceccarelli che conclude: “Se infine si impara ad adattarsi alle difficoltà usando le proprie risorse al meglio aumenta di conseguenza la sicurezza in sé stessi”.
Il test del semaforo
I tempi di reazione al semaforo verde di piloti e non sportivi è quasi identico. Tuttavia l’attivazione delle aree cerebrali dei piloti è risultata nettamente minore di quella di volontari non sportivi: a parità di prestazione i piloti hanno un minor dispendio energetico mentale.
L’attenzione
Esistono tre tipi diversi di attenzione da considerare:
1) Attenzione focalizzata: concentrarsi su un singolo compito, ad esempio leggere un libro, senza distogliere l’attenzione anche in presenza di pensieri distraenti o rumori;
2) Attenzione divisa: portare a termine due compiti in contemporanea come, ad esempio, guidare o sciare (abilità che con l’esperienza diventano automatiche) e parlare con il compagno di viaggio;
3) Attenzione dispersa: controllare tutto quello che accade attorno a sé, come ad esempio fa un militare nella jungla che deve ispezionare il territorio perché il nemico potrebbe essere ovunque.
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