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Le caratteristiche psicologiche e cognitive
da indagare nell’ambito del talent scout calcistico

(Prima parte)

di Susanna Pardini

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L’indagine delle caratteristiche che permettono di comprendere la possibilità di indirizzare un giovane atleta verso un percorso agonistico è fattore determinante in ogni sport.

Oltre ad essere importante da un punto di vista economico per le società che investono sul futuro professionale degli atleti, questa attenzione va posta in prima istanza con l’obiettivo di rispettare e tutelare lo sviluppo individuale di ogni singola persona. Per poter fare ipotesi predittive sul futuro agonistico devono quindi essere presi in considerazione gli aspetti non solo antropometrici, di maturazione e concernenti le abilità fisiche e tecniche ma anche quelli di carattere motivazionale, cognitivo e psicologico.
Infatti, in letteratura è stata messa in luce l’importanza di indagare in modo sistematico anche gli aspetti di tipo psicologico sulla base dell’utilizzo di strumenti di indagine sia auto che etero-riferiti (e.g., Musculus, & Lobinger, 2018). Ciò è importante in quanto gli aspetti psicologici hanno un impatto pervasivo sul percorso di un atleta che si appresta a percorrere una carriera da professionista e, primariamente, devono essere tenuti in considerazione per tutelare e promuovere il suo benessere (e.g., Murr, Feichtinger, Larkin, O‘Connor, & Höner, 2018).

Diversi sono i contributi che, su questo versante, hanno proposto vari modelli atti all’applicazione sul campo e quindi utili per delineare gli indicatori predittivi da tenere in considerazione nella valutazione di atleti potenzialmente talentuosi. Questo argomento è di particolare importanza non solo perché il suo studio permetterebbe la delineazione di un processo decisionale e di selezione condiviso, ma anche in quanto permette di fare attività di sensibilizzazione a chi popola le società sportive e, non per ultimi, ai familiari degli atleti, soprattutto con il fine di arginare le conseguenze avverse del fenomeno del “campionismo”.

L’indagine delle caratteristiche psicologiche e personologiche non deve essere importante solo durante le fasi di valutazione, finalizzate a stabilire l’idoneità o meno dell’atleta, ma lo deve essere sempre, in particolare dopo aver considerato un giocatore potenzialmente talentuoso.

Questo perché l’essere investito di giudizi positivi che evocano la possibilità di aspirare a posizioni sempre più elevate può comportare l’esclusione da parte del gruppo, un atteggiamento superiore (che potrebbe ulteriormente alimentare l’esclusione) e una tendenza a investire, più di quello che si dovrebbe, le proprie risorse e il proprio senso di sé nel ruolo di giocatore tralasciando altre attività fondamentali nel corso dello sviluppo (come il coltivare le relazioni interpersonali e la carriera scolastica).

Questa situazione potrebbe comportare anche l’esperienza di disagio e l’amplificarsi di convincimenti assolutistici da parte dell’atleta “di talento” tanto da rischiare, ad esempio, di trasformare la propria motivazione e l’amore incondizionato per il calcio in motivazione estrinseca dettata e scandita dagli obiettivi via via da raggiungere.



Seguirà la seconda parte


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Susanna Pardini - Psicologa-Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale-PhD student presso Università degli Studi di Padova
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