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Sport e Record: possiamo batterli all’infinito?

di Giulia Rocco

                                

“Le performance sportive non miglioreranno all’infinito e alcuni record potranno essere battuti, ma sempre meno”. Lo racconta a OggiScienza Alberto Minetti, professore di Fisiologia all’Università di Milano, che precisa: “la curva che descrive l’evoluzione dei record sportivi nella storia è un asintoto matematico, che tende a raggiungere un andamento orizzontale e che dipende soprattutto da due fattori: i limiti fisici degli atleti e i limiti delle misurazioni. L’uomo non riuscirà mai a saltare 20 metri in lungo, ma nuovi record potranno essere scovati dall’aumento del numero dei praticanti e dalla migliore risoluzione degli strumenti di misurazione. Se oggi misuro il centesimo di secondo, domani posso misurare il millesimo e aggiungere nuovi record”.

Se l’evoluzione della tecnologia delle strumentazioni è in qualche modo prevedibile, i limiti fisici umani sono più difficili da abbattere. “Tutte le specie animali sono state sottoposte alla pressione evolutiva. Se saltare più in lungo fosse determinante per la mia sopravvivenza, verrei selezionato se lo facessi meglio del 90% del resto della popolazione. E probabilmente mi riprodurrei con qualcuno con le mie stesse caratteristiche”, ipotizza Alberto Minetti. “Se si andasse avanti così per qualche centinaia di migliaia di anni, l’evoluzione continuerebbe a specializzare il nostro corpo e i nostri muscoli per farci saltare distanze ben superiori a quelle odierne: probabilmente diventeremmo più alti con muscoli più grandi e tendini più lunghi”.

Oltre al lunghissimo tempo evolutivo necessario a diventare estremamente specializzati in una determinata disciplina, finiremmo, però, per sviluppare una piccola parte delle capacità muscolari (per esempio quelle legate al salto in lungo), trascurandone altre. “Alla lunga saremmo bravi a fare una cosa, ma meno adatti a occuparci di tutto il resto, e questo non è il percorso che ha fatto l’evoluzione finora: il nostro corpo si è accresciuto e si è sviluppato in maniera organica per compiere una serie di funzioni, non per specializzarsi in una sola”, continua Minetti: “l’evoluzione fino ad ora ci ha portato a un plateau, in termini di performance, al quale siamo più o meno vicini, a seconda del tipo di sport. Se una disciplina ha avuto una minore diffusione, perché per esempio non é molto popolare, allora si noteranno miglioramenti anche cospicui, ma molto spaziati nel tempo”.

Avere un ampio campione da cui attingere nuovi atleti aumenta le probabilità di ottenere migliori prestazioni, ma questo non basta per abbattere il muro dei record. “Se si potesse teletrasportare una sportiva degli anni Duemila agli inizi del Novecento, questa batterebbe gli uomini nella corsa veloce”, spiega Alberto Minetti, “l’abilità di compiere un certo sport è aumentata nel tempo grazie al miglioramento del benessere generale e della forma fisica della popolazione. Sono migliorate le conoscenze in fisiologia dell’esercizio e in biomeccanica, le tecniche di allenamento, la nutrizione, ed è diventata sempre più necessaria per vincere anche la psicologia dello sport”. (Fonte: https://www.olympic.org)

Se si confrontano due calciatori appartenenti a epoche diverse, come Gianni Rivera e Cristiano Ronaldo, salta subito agli occhi la diversità della loro conformazione corporea, ma anche il modo di correre, le tecniche e le azioni del gioco. Nel tempo si è osservato che per correre più veloce è sicuramente necessario avere gambe che spingono di più, ma servono anche arti superiori più muscolosi, come quelli di Cristiano Ronaldo, per contrastare la rotazione del tronco durante gli scatti di corsa.

“Oggi, tutti i calciatori hanno un corpo molto più simile a quello di Ronaldo che a quello di Rivera. Gli atleti migliori sono selezionati in una popolazione molto omogenea e, all’interno della stessa specialità, troviamo le stesse forme e strutture muscolari molto simili” spiega Minetti. “Nell’antica Grecia, dove lo sport non era così specializzato né professionistico, i saltatori in lungo avevano in mano dei pesi, tutti diversi tra loro. Un atleta che veniva dalla Tessaglia, per esempio, poteva essere alto e magro, un altro, magari in arrivo dall’Attica, invece era più basso e tarchiato. Per rendere la stessa competizione più omogenea era necessario bilanciare queste differenze con attrezzi più personalizzati, cosa che oggi non é ammessa”.

Oltre a tutti questi elementi, a influenzare l’evoluzione dello sport e dei record intervengono altri due fattori. “I conflitti mondiali hanno rallentato la storia dei record e, quando si ricominciava a gareggiare, si registrava un salto netto delle performance”, continua Alberto Minetti, “e la stessa cosa si osserva con il miglioramento tecnologico. Quando si é passati dall’asta di bambù a quella in metallo o in fibra di carbonio, allora i record del salto con l’asta hanno riportato netti balzi in avanti”.

Difficilmente il recordman deve tutto il suo successo a specifiche caratteristiche biologiche o fisiologiche. Sarebbe riduttivo pensare che Usain Bolt detiene il primato mondiale sui 100 metri piani esclusivamente perché possiede un corpo particolarmente dotato. “È molto raro che il salto nella progressione dei record sia una questione esclusivamente biologica”, conclude Alberto Minetti, “però credo che gli atleti paralimpici costituiscano un’eccezione: c’é una parte del loro apparato locomotore che ha caratteristiche «tecnologiche», più soggette a un’evoluzione «accelerata».

In alcune specialità, come per esempio nella corsa veloce, un piede bionico, grazie alla sua maggiore elasticità, potrebbe conferire un notevole vantaggio all’atleta, ed esiste la possibilità che nel giro di pochi anni saranno proprio questi atleti ad abbattere qualche muro di record”.



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