La fase delle dispute ideologiche e dell’affermazione delle autonomie (1900-1915)
In questo periodo, breve ma intenso, lo sport italiano è alla ricerca della sua identità e giungono a maturazione alcuni spunti che erano apparsi solo in embrione nel periodo precedente. Il fenomeno più importante è la nascita del calcio. Colonie di sudditi inglesi operanti in Italia fondano alcuni club di calcio e di tennis. Sono liberi professionisti, esponenti del mondo commerciale, quadri tecnici dell’industria. A loro si uniscono anche alcuni svizzeri e mitteleuropei e ha inizio la diffusione del calcio nella penisola.
Non incontrano un terreno vergine perché altri sport simili, e anche popolari, già esistevano in Italia sin dal Cinquecento. Erano però caratterizzati da molta violenza, mentre la pratica inglese era sorretta da un’attenta e minuziosa regolamentazione.
Il calcio conquista con il suo fascino tutto il Paese. La Federazione Italiana Gioco Calcio, sorta a Torino nel 1898, comincia un’intensa attività. Nascono tutti i grandi club e nel 1911 ha luogo a Milano la prima partita internazionale, Italia - Francia, finita 6-2. L’esordio fu quindi eccellente. Dalla Francia, che più di altri incarna il mito della velocità, del progresso e della modernità, importiamo le gare ciclistiche, automobilistiche e aviatorie.
Lo sport scende nelle strade e diventa molto popolare. La bicicletta influenza profondamente il costume, la moda e la vita quotidiana, specie della donna, al punto di costituire uno strumento di emancipazione, esaltato poi dalle stesse femministe.
Un ruolo importante è svolto dalla stampa sportiva, che diventa essa stessa promotrice di grandi avvenimenti. Ad esempio il Corriere della Sera organizza nel 1892 una Torino – Milano ciclistica e nel 1901 patrocina il primo Giro automobilistico d’Italia, mentre la Gazzetta dello Sport promuove nel 1907 la Milano – Sanremo e nel 1909 il Giro d’Italia ciclistico.
Un elemento importante da sottolineare è l’atteggiamento molto favorevole dei cattolici verso lo sport, predilezione che risale addirittura all’Ottocento. Attraverso l’oratorio e i collegi, gli insegnamenti di don Bosco si innestano sull’emergere di nuovi bisogni sociali che impongono una fattiva presenza nell’ambito dell’associazionismo ricreativo.
Sorgono così, in ambito cattolico, le sezioni escursionistiche, sportive, filodrammatiche e bandistiche. Il movimento agonistico cattolico, non riconosciuto dagli organismi sportivi ufficiali, statutariamente neutrali sia sul piano politico che religioso, nel 1906 si organizzano nella Federazione Associazioni Sportive Cattoliche Italiane.
Se i cattolici sono in prima linea nel cavalcare il fenomeno sportivo, lo stesso non si può dire dei socialisti che, almeno sino al 1910, mantengono un atteggiamento di diffidenza e talora di manifesta ostilità nei confronti di tutte le attività agonistiche. Contrariamente a quanto avviene tra i socialisti belgi, francesi, inglesi e soprattutto tedeschi, i socialisti italiani considerano lo sport addirittura alla stregua del militarismo, del clericalismo e dell’alcolismo. A loro parere è uno strumento di diversione utilizzato dalla borghesia per incanalare le energie combattive delle masse proletarie.
Il malcapitato ciclismo viene eletto a bersaglio dalla loro fobia e non disdegnano lo spargimento di chiodi sulle strade percorse dalle principali gare. L’animosità perde vigore lentamente, specie con il cambiare dell’atteggiamento socialista nei confronti della guerra: alla vigilia dell’avventura libica, infatti, anche i socialisti lasciano affiorare qualche cenno di interventismo.
Cavalcano il fenomeno sportivo anche i futuristi. Tale movimento artistico è fortemente permeato di valori agonistici e il suo vero ispiratore, Filippo Tommaso Marinetti, cultore del progresso, della velocità, della forza fisica, del coraggio temerario, dell’eroismo e del pericolo definisce la guerra, proprio su un foglio sportivo, Lo sport illustrato, “sola igiene del mondo e meraviglioso sport sintetico”. Questa concezione trova un terreno fertile nell’Italia di Giolitti, incline a vagheggiare sogni di progresso e di modernità. È ormai breve il passo all’epoca successiva.
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