Lo sport nazional-popolare per eccellenza può convivere con i freddi numeri? Si può misurare la prestazione di un giocatore con l'intelligenza artificiale, o basta l'occhio dell'allenatore? Ne abbiamo parlato con Paolo Cintia, un data scientist che aiuta i club e gli atleti a raggiungere risultati migliori.
Dopo le chiacchiere da bar post-partita, il Processo di Biscardi e la supermoviola nel calcio è arrivata anche l’intelligenza artificiale. E non solo per (contribuire a) commentare le azioni dei giocatori, ma soprattutto per cercare di prevedere potenziali infortuni, oppure per misurare le performance degli atleti. Da qualche anno, il mondo dello sport e quello dell’informatica si sono incontrati: il primo fornisce una quantità enorme di dati al secondo, che a sua volta restituisce analisi precisissime.
Sono tanti i gruppi di ricerca, in Italia e all’estero, che stanno lavorando con società sportive e federazioni, cercando di portare valore aggiunto e testando algoritmi e reti neurali. Tra questi c’è PlayerRank, uno spin off dell’università di Pisa focalizzato proprio sull’analisi dello sport nazional-popolare per eccellenza: il calcio. “Portare i numeri in campo è una bella sfida – spiega a OggiScienza Paolo Cintia, post-doc dell’università pisana e amministratore delegato di PlayerRank – È un mondo in cui esiste ancora l’occhiometro, come si chiama in gergo. La capacità, cioè, da parte di un allenatore di capire a occhio quanto un giocatore sia bravo e che cosa serva alla squadra”. Un’esperienza preziosa, che può essere arricchita da una macchina. “In questo momento esistono alcuni ambiti, come quello tecnico-tattico in cui l’essere umano ha una capacità superiore rispetto a un software. Oggi difficilmente un algoritmo riesce a leggere una partita più velocemente di quanto faccia un mister”, spiega Cintia. L’aiuto che l’intelligenza artificiale può portare, in questo momento, è in altri settori, non meno importanti per il risultato finale.
Chi è più forte?
PlayerRank ha collaborazioni con molti club a vario livello. Tra gli ambiti di ricerca più interessanti, c’è quello della valutazione delle performance dei giocatori. “Abbiamo un database con oltre 200.000 atleti – spiega il CEO della start up. “Ciascuno di loro ‘possiede’ molte informazioni. Il nostro algoritmo serve per effettuare delle ricerche in modo rapido all’interno di questo set di dati”.
Per costruire questa tabella, l’intelligenza artificiale scende fisicamente in campo: “Ciascun giocatore ha un sensore gps grande come una chiavetta usb posizionato di solito sotto alla nuca – svela Cintia – Questo dispositivo serve a tracciare i movimenti, l’accelerazione, gli urti subiti… fornisce una serie di informazioni utili che si possono utilizzare soprattutto in ambito atletico, per tarare meglio gli allenamenti futuri”.
Per misurare l’interazione tra il giocatore e la palla, invece, si può ricorrere “a una serie di telecamere ad alta definizione in grado di riconoscere i giocatori e tracciare gli atleti e la palla”. L’antenato di questo metodo non prevede l’intervento dell’intelligenza artificiale, ma si affida a persone in carne ed ossa che osservano la partita e segnano ogni azione. “Sono degli stenografi del gioco – sorride Cintia – In PlayerRank stiamo studiando una tecnica che utilizzi le reti neurali per ridurre il numero di operatori richiesti e per automatizzare e velocizzare questo processo”. Per una partita di 90 minuti oggi servono in media tre persone: due che osservano il gioco e “stenografano” e una che controlla i dati immessi. In futuro, potrebbe essere necessaria solo quest’ultima.
Vade retro, infortunio
Un’altra applicazione dell’intelligenza artificiale in campo riguarda la prevenzione degli infortuni. Chiunque abbia fatto sport sa quanto è difficile capire quando si sta esagerando e soprattutto quanta determinazione serva per fermarsi e stare in panchina per un po’. Con gli algoritmi il carico emotivo dello stop potrebbe non gravare più sul solo giocatore: “L’apprendimento avviene a livello dell’intera squadra, studiando i carichi di lavoro e i pattern di allenamento – spiega il data scientist – Quando avviene un infortunio muscolare, l’intelligenza artificiale memorizza l’informazione. Nel momento in cui si ripete uno schema di allenamento particolarmente rischioso, perché in passato ha portato a infortuni, la macchina lancia un alert”.
Il modulo di intelligenza artificiale su cui sta lavorando PlayerRank sarà integrato su una piattaforma già esistente e utilizzata dalle varie squadre per la raccolta dati. “La FIFA e la UEFA stanno lavorando per permettere al giocatore di portarsi dietro i suoi dati quando cambia squadra. Adesso queste informazioni sono di proprietà del club”.
Non solo serie A
Tra i progetti cui il team di PlayerRank si sta dedicando con maggiore assiduità c’è lo sviluppo di un’applicazione per lo scouting dei giocatori. “Servirà sia per vedere le performance degli atleti, sia per testare l’abilità del singolo utente nel trovare calciatori che possano crescere. Stiamo testando la versione beta e confidiamo di lanciarla a breve”.
Sebbene PlayerRank abbia diverse collaborazioni con club di serie A, l’obiettivo del team in questo caso è “rendere più economica la valutazione dei giocatori, in modo da poter introdurre l’intelligenza artificiale anche nelle leghe minori e nelle giovanili, dove a volte è più complicato riuscire a valutare un atleta in modo completo”.
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