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Domiciliazioni agenti, scontro tra Coni e Figc.
Continua a far discutere la nuova disciplina per i procuratori sportivi


di Guido Gallovich

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Continua a far discutere la nuova disciplina della “domiciliazione” – istituto previsto per consentire agli agenti sportivi iscritti in federazioni estere di svolgere la propria attività in Italia di concerto con un collega già abilitato ad operare in ambito nazionale – introdotta dal Coni con l’ultima versione del proprio regolamento agenti dell’11 febbraio scorso.

Se, in prima battuta, le problematiche hanno riguardato i diversi e più stringenti requisiti soggettivi imposti per beneficiare di tale misura, nonché la sorte dei mandati già depositati dai soggetti non più domiciliabili a seguito dell’entrata in vigore della riforma, la questione si pone ora con riferimento al recente recepimento, da parte della Figc, delle modifiche adottate dal Coni (si veda la nota Figc n. 227/A del 27.4.2022).

Al riguardo, è bene ricordare che, oltre a limitare l’accesso a tale istituto ai soli soggetti effettivamente residenti all’estero da almeno un anno, la normativa Coni ha altresì previsto – ai sensi dell’art. 23, comma 2, lett. B) – “l’obbligo del domiciliatario (ossia dell’agente iscritto nei Registri italiani) di incassare i compensi derivanti dai contratti di mandato e, conseguentemente, di corrispondere la quota parte dei compensi di spettanza all’agente sportivo domiciliato secondo i termini e le modalità riportate nell’accordo di collaborazione professionale”.

Ciò posto, in sede di adattamento del proprio regolamento agenti alle nuove disposizioni dettate sul punto dal Coni, la Figc – specificando di ritenere opportuno “approfondire ulteriormente quanto previsto dall’art. 23, comma 2, del regolamento Coni agenti sportivi” – ha omesso di recepire la predetta disposizione, lasciando immutata la precedente propria formulazione (apparentemente di segno opposto) in virtù della quale è stabilito “l’obbligo del domiciliante di pagare i corrispettivi dovuti al domiciliatario, secondo i termini e le modalità riportate nell’accordo di collaborazione professionale” (cfr. art. 22, comma 3, lett. b).

Pertanto, se dalla normativa Coni è chiaro che la fatturazione e l’incasso del compenso spettino al domiciliatario, dal testo Figc i medesimi paiono essere ancora riservati al domiciliato, il quale sarà tenuto, a sua volta, a retrocedere al collega domiciliatario la relativa porzione di corrispettivo.

Nel tentativo di risolvere il contrasto – in senso favorevole a quanto dettato in ambito Coni – si potrebbe ricorrere ad un duplice ragionamento. Da un lato, si osserva che, a mente dell’art. 24, comma 6 del citato regolamento Figc, è espressamente stabilito che “Per quanto non previsto nel presente regolamento trovano applicazione le norme del regolamento Coni agenti sportivi”. E’ pur vero però che una tale funzione sussidiaria del precetto Coni presupporrebbe un mero vuoto normativo a livello federale e non, come invece sembrerebbe, un’esplicita disciplina di segno contrario.

Dall’altro lato, si potrebbe affermare la sovraordinazione gerarchica della norma Coni su quella di derivazione federale ai sensi di quanto stabilito dall’art. 2, comma 1 dello Statuto Figc, in virtù del quale quest’ultima è chiamata a svolgere le proprie funzioni nel rispetto delle deliberazioni e degli indirizzi della Fifa, dell’Uefa, del Cio e, ai fini che qui interessano, dello stesso Coni.

                                                               
Fonte: articolo pubblicato su Italia Oggi del 14 maggio 2022

Guido Gallovich - Avvocato esperto di diritto sportivo

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