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Lavoro sportivo - Clausola compromissoria
Sentenza n. 11404/2000

Corte di Cassazione - Sezione Lavoro
Presidente G. Prestipino - Relatore P. Picone

Indietro                                                                                                   pag. 1

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La (omissis) ed A. C. in proprio, con unico ricorso domandano per quattro motivi la cassazione della sentenza con la quale il Tribunale di Bologna, riformando limitatamente al quantum la sentenza di primo grado, li ha condannati in solido al pagamento in favore di C. E. L. della somma equivalente in lire italiane a $ 961.905.

Limitando il riferimento alle questioni inerenti al giudizio di legittimità, il Tribunale ha ritenuto che fra la società, il C. e il L., giocatore di pallacanestro, fosse stato stipulato un contratto di lavoro subordinato in ordine alle prestazioni relative alle stagioni agonistiche 1993/1994-1994/1995 e, eventualmente, 1995/1996, con la predeterminazione dei compensi spettanti;
che nel contratto individuale di lavoro stipulato in data 15 luglio 1993 non risultava inserita, contrariamente all'assunto della società e del suo amministratore, alcuna clausola compromissoria per il deferimento ad un collegio arbitrale delle controversie insorte fra le parti, né era stata stipulata successivamente;
che il contratto stesso, recando l'obbligo della società di continuare nel rapporto di lavoro anche in caso di infortunio del giocatore, non poteva essere legittimamente risolto, né la società poteva sottrarsi all'obbligo retributivo, per il fatto che dopo alcune partite fosse stata evidenziata una discopatia che aveva costretto il L. a smettere l'attività dal dicembre 1993 ed a sottoporsi ad operazione chirurgica, non configurandosi inadempimento per effetto delle scelte del giocatore inerenti al diritto alla salute.
Resiste con controricorso il L. proponendo con lo stesso atto ricorso incidentale condizionato per due motivi. Al ricorso incidentale resistono la società ed il C. con controricorso, ed hanno altresì depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.;
il controricorrente e ricorrente incidentale ha replicato per iscritto alle conclusioni del Pubblico Ministero.


MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, la Corte riunisce i ricorsi proposti contro la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.).

2. L'ordine logico-giuridico richiede di esaminare per primo il secondo motivo del ricorso principale, concernente la questione della proponibilità della domanda, o della competenza del giudice ordinario, dipendente dalla stipulazione di una clausola compromissoria.
La statuizione del Tribunale sul punto è accusata di violazione e falsa applicazione degli art. 1362 ss. c.c. e 808 c.p.c., nonché dei principi generali sull'efficacia preclusiva del negozio di accertamento e di omessa e insufficiente motivazione.

2.1. Il motivo indicato contiene in realtà due distinte censure, delle quali va esaminata per prima, per il suo carattere potenzialmente assorbente, quella relativa alla violazione dei principi generali sull'efficacia preclusiva del negozio di accertamento che, ad avviso dei ricorrenti principali, vi sarebbe stata perché il collegio arbitrale, adito dalla società, aveva dichiarato la propria competenza a decidere la controversia, sicché, anche nella prospettiva del lodo irrituale, l'accertamento di natura negoziale avrebbe dovuto essere impugnato con la deduzione dell'inefficacia della clausola compromissoria, ma non era consentito richiedere ex novo la tutela giudiziale indipendentemente dalla procedura arbitrale.
Sulle descritte argomentazioni i ricorrenti insistono particolarmente, sviluppandole sia nella memoria che nella discussione orale.

2.2. La Corte non può condividerle perché, portata la tesi alle sue estreme conseguenze - ma il caso di specie potrebbe essere esemplare al riguardo -, implicherebbe l'affermazione del principio secondo cui è sufficiente, ad iniziativa di una parte, iniziare la procedura di risoluzione arbitrale di una controversia per impedire, prima della pronunzia degli arbitri, che l'altra parte possa ottenere una pronuncia del giudice statale sul merito della pretesa, anche quando assuma di non avere mai espresso la volontà di derogare alla giurisdizione ordinaria.

2.3. Un siffatto principio non è suscettibile di essere enucleato dall'ordinamento perché risulterebbe non in linea con il fondamentale parametro costituzionale secondo il quale l'arbitrato trova il proprio legittimo fondamento nella concorde volontà delle parti sicché gli art. 24, primo comma, e 102, primo comma, Cost. non consentono arbitrati obbligatori i quali si risolvono in illegittima compressione del diritto di difesa e in violazione del principio generale della tutela giurisdizionale (Corte cost. 127/97, 488/91, 49194, 206/94, 232194, 54196, 152/96, 381/97, 325/98, 115/2000). Non è chi non veda, infatti che la tesi del ricorso principale, comportando l'improponibilità della domanda (in caso di arbitrato irrituale) o l'incompetenza del giudice adito (in caso di arbitrato rituale), finisce per collegare all'iniziativa di una sola parte l'obbligo per l'altra parte, che intende contestare di avere mai espresso una volontà compromissoria, di soggiacere alla procedura, essendo solo abilitata ad impugnare nei modi ordinari il lodo irrituale o, peggio, ad impugnare il lodo rituale ai sensi dell'art. 827 ss. c.c.

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