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Alla
luce della normativa ora riportata - che attesta una costante preoccupazione
degli organismi statali a che l'agonismo sportivo non costituisca occasione
di lesioni alla integrità psico-fisica dell'atleta - appare ineccepibile
l'assunto della impugnata sentenza, che ha ritenuto rilevante ai fini
della configurabilità della condotta colposa della società
ricorrente la circostanza che detta società, che era a conoscenza
(o che doveva esserlo) di tutta la storia clinica del Rotolo, non ha
compiutamente notiziato l'Istituto di medicina dello sport dell'anamnesi
lavorativa del calciatore e degli infortuni dallo stesso subiti così
causando, o almeno agevolando, il grave errore diagnostico di detto
istituto.
E sempre alla luce della indicata normativa appare ineccepibile la sentenza
impugnata anche nella parte in cui ha addebitato alla società
di non avere operato un controllo medico all'inizio del ritiro precampionato
sulle condizioni di salute del Rotolo.
Se, invero, è regola di comune prudenza operare accertamenti
e controlli medici nei riguardi di tutti i calciatori, che si apprestano
con il ritiro precampionato a riprendere sforzi fisici di notevole intensità,
detti accertamenti e controlli risultano particolarmente doverosi nei
confronti di quegli atleti che hanno subito gravi infortuni e delle
cui non ottimali condizioni di salute sono già a conoscenza le
società sportive di appartenenza.
3.
Con il secondo motivo la società ricorrente deduce falsa applicazione
degli articoli 2043, 2056 e 2057 c.c.
In particolare deduce che il tribunale ha quantificato il danno sulla
base di una retribuzione annua di lire 40.000.000 laddove la retribuzione
del Rotolo ammontava nell'anno 1988/1989 a lire 25.200.000. Per di più
il Rotolo dopo l'infortunio aveva trovato un impiego in una ditta per
cui in termini reddituali non aveva subito alcun danno sicché
la somma di lire 300.000.000 liquidata al calciatore doveva considerarsi
assolutamente sproporzionata.
Non corrispondeva,
infine, al vero che i conteggi non fossero stati contestati atteso che
già nella comparsa di costituzione davanti al pretore di Novara
la somma richiesta dalla controparte era stata definita "irreale
ed incongrua".
Anche detto motivo è infondato e, pertanto, va rigettato.
Questa
Corte, a Sezioni unite, ha di recente statuito che nel rito del lavoro
il difetto di specifica contestazione dei conteggi elaborati dall'attore
per la quantificazione del credito oggetto di domanda di condanna, allorché
il convenuto si limiti a negare in radice l'esistenza del credito avversario,
può avere rilievo quando si riferisca a fatti e non semplicemente
alle regole legali o contrattuali di elaborazione dei conteggi medesimi
(cfr. al riguardo Cassazione, Sezioni unite, 761/02).
Tale statuizione che va inquadrata nel rito del lavoro - caratterizzato
da preclusioni, pure ricordate dalla suddetta decisione, scaturenti
dalle prescrizioni di cui agli articoli 414 e 416 c.p.c.
nonché dai poteri d'ufficio del giudice di merito di cui agli
articoli 421, secondo comma, e 437, secondo comma c.p.c. -
porta a concludere che la contestazione dei conteggi (sviluppati contabilmente
da una apposita perizia), su cui si articola la domanda attrice, assume
rilievo solo nel caso in cui vengano richiamati ai fini di detta contestazione
circostanze fattuali, suscettibili di dimostrare la non congruità
e la non corrispondenza al vero di detti conteggi.
Dette circostanze devono però essere, prima, dedotte ed individuate
nelle loro specifiche modalità nella memoria di costituzione
ex articolo 416 c.p.c. e, poi, provate, o devono essere state comunque
acquisite al processo e successivamente provate a seguito dell'esercizio
dei poteri ufficiosi da parte del giudice del lavoro.
Nel caso di specie a fronte delle pretese del Rotolo, quantificate sulla
base di una retribuzione annua di 40 milioni ed a fronte delle operazioni
peritali che hanno tenuto conto di tale dato contabile, la società
Calcio Novara si è limitata, in tutto il giudizio, ad una contestazione
del tutto generica della domanda attrice senza indicare in alcun modo
gli elementi fattuali attestanti la fondatezza del proprio assunto e
senza che dette circostanze (retribuzione annua di entità inferiore
a quella individuata dall'attore; emolumenti percepiti dal calciatore
successivamente alla risoluzione del rapporto di lavoro sportivo e di
cui si assume la detraibilità) abbiano formato in alcun modo
oggetto di prova ad iniziativa della società o del giudice nell'esercizio
dei suoi poteri d'ufficio.
Non è consentito, infine, dubitare della legittimità nel
caso di specie del ricorso alla liquidazione equitativa dei danni subiti
dal Rotolo, atteso che, giusta quanto più volte ribadito da questa
Corte, l'esercizio in concreto del potere discrezionale conferito al
giudice di liquidare il danno, ai sensi degli articoli 1226 e
2056 c.c. e dell'articolo 432 c.p.c., non è suscettibile
di sindacato in sede di legittimità quando la motivazione della
decisione dia adeguatamente conto dell'uso di tale facoltà, indicando
il processo logico e valutativo seguito (cfr. ex plurimis: Cassazione
8807/01; 409/00) ed essendo sufficiente che l'accertamento del giudice
sia scaturito da un esame della situazione processuale globalmente considerata
(cfr. Cassazione 409/00 citata).
4.
La società ricorrente, rimasta soccombente, va condannata al
pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate
unitamente agli onorari difensivi, come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in euro 13,00,
oltre euro 1.500,00 (millecinquecento) per onorari difensivi.
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