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Affari di sport
di Mauro Miccio*
Diritti miliardari
Ma il calcio non è l'unico sport saldamente iterconnesso con il mondo degli affari. Prendiamo per esempio le Olimpiadi, l'evento sportivo in assoluto più seguito e appetibile in termini economici e di pubblico. Il turnover dietro i giochi è impressionante. La NBC ha speso 3,615 miliardi di euro per i diritti televisivi di 5 edizioni, compresa l'ultima di Sydney, dove lo status di main sponsor costava 55 milioni di dollari, dove la cerimonia di apertura ha raggiunto un'audience di 3,7 miliardi di persone, e dove le spese sostenute per l'organizzazione hanno superato i 7,5 miliardi di dollari australiani, più della metà del budget annuale governativo del Nuovo Galles del Sud. Solo i diritti tv dei Giochi in Australia sono costati in totale oltre 2770 miliardi di vecchie lire, mentre quelli di Roma nel 1960 fruttarono in totale un milione di dollari.
Altro esempio di evento sportivo seguito dai grandi numeri, ma non così globale come le Olimpiadi, è il Superbowl. Mantiene incollati al video 131,7 milioni di americani. Per la città di New Orleans è stata calcolata un'esposizione mediatica quantificabile in 26,18 milioni di euro. Uno spot di 30 secondi costava 1,685 milioni di euro. E dove un biglietto dal prezzo nominale di 325 dollari ha raggiunto il valore di 50 mila dollari.
Il problema "sponsor"
Un altro esempio ancora è la Formula Uno, anch'essa alle prese con enormi problemi e guarda caso sempre legati al nome di Leo Kirch. Il Circus, i cui Gran Premi spesso oscurano gli ascolti del dio-pallone, è a un bivio. Si cerca di frenare le spese, si deve affrontare il divieto di sponsorizzazioni lagate al tabacco, e allora una serie di circuiti diventano a rischio, con la possibilità di trasferire le gare all'Est, dove non vedono l'ora di organizzare un Gran Premio.
Dal 2006 entrerà in vigore il divieto assoluto per gli sponsor di tabacchi. Qualcuno calcola una perdita di circa 397,6 milioni di euro, il 25% del giro d'affari. Certo, il divieto si potrebbe rivelare un falso problema perché, per esempio, la Philip Morris invece delle sigarette potrebbe sponsorizzare le sue linee di abbigliamento. Kirch aveva pure avanzato l'ipotesi di trasmettere in pay-tv, ma i costruttori hanno minacciato uno scisma e la creazione di un Mondiale alternativo.
La quotazione della Ferrari in Borsa è solo l'ultimo esempio di come le aziende stiano cercando, anche qui, di gestire differentemente i propri bilanci. Così la Fiat ha deciso di mettere sul mercato il "Cavallino", cedendo il 20% a Mediobanca - che sarà anche advisor per la quotazione - e il 14% alla Commerzbank. Qualcuno si lamenterà per il trasferimento in Germania di quella che può essere considerata forse l'icona italiana più rappresentativa nel mondo. Ma il mercato già da tempo non riconosce più confini e le nuove strategie incentrate sul bisogno di produrre utili non lasciano spazio ad alternative. Ne sa qualcosa la scuderia Prost. Per molti versi, le vicende legate alla squadra dell'ex campione francese rappresentano un campanello d'allarme per tutti. Partito dal progetto di un team tutto francese da portare al titolo mondiale nel 1997, ha acquistato la Ligier, passata poi nelle mani di Flavio Briatore. Gli sponsor all'inizio si mettevano in fila, poi uno alla volta sono tutti usciti: Total, Agfa, Canal Plus, Play Station, Bic, Gitanes, Elf e Acer che pure nell'ultimo anno ha versato 20 milioni di euro per pagare i motori Ferrari, nonostante Prost avesse potuto ottenere a costo zero i propulsori Peugeot. Sponsor nuovi non ne sono più arrivati. E senza di loro non si va da nessuna parte.
Gigante cinese
Il discorso è identico nel basket statunitense. Momento fondamentale della Nba negli USA è la scelta dei giocatori giovani, la cosiddetta prima scelta, il draft. Quest'anno è accaduto che l'onore toccasse agli Houston Rockets. Così hanno deciso di ingaggiare Yao Ming, un gigante cinese di 226 centimetri. E' il primo giocatore non proveniente dal circuito dei college. Una decisione storica, ma dettata anche da esigenze di business. Già da qualche tempo la Nba ha aperto in Cina strutture per cercare nuovi talenti, e lo scorso anno le prime partite del torneo si sono disputate proprio a Pechino. Ming potrebbe essere il testimonial del basket professionistico americano in patria, portandosi dietro parecchio denaro della Nike, uno degli sponsor tecnici della Nba. Strano, fa venire in mente lo stesso meccanismo adottato dalla Fifa nelle sue strategie in Asia, dove la Federazione investirà il 40% degli introiti del Mondiale appena concluso.
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