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Lavoro sportivo - Clausola compromissoria
Sentenza n. 11404/2000

Corte di Cassazione - Sezione Lavoro
Presidente G. Prestipino - Relatore P. Picone

Continua dalla quarta pagina                                                                pag. 5

5.2. In ordine logico, il primo dei problemi è quello posto specificamente con il quarto motivo di ricorso, concernente il punto se si fosse in presenza di una situazione di impossibilità oggettiva della prestazione sportiva oppure di una fattispecie di inadempimento del giocatore, sicuramente escludente il diritto al compenso e attributiva del diritto della società di recedere dal rapporto o comunque di ottenerne la risoluzione ai sensi dell'art. 1453 c.c.
Il Tribunale ha deciso nel primo senso e la ricorrente deduce al riguardo che il giudizio dei sanitari statunitensi, secondo il quale il giocatore avrebbe dovuto sottoporsi ad intervento chirurgico in tempi brevi e successivamente "tentare" di riprendere l'attività agonistica, era stato contestato da quello dei sanitari italiani, secondo cui l'attività poteva essere continuata senza rischio con il differimento dell'intervento a fine stagione; sicché, il rifiuto assoluto opposto dal giocatore avrebbe dovuto essere apprezzato in termini di inadempimento, considerato anche che la società gli aveva proposto di partecipare ad un numero ridotto di partite con allenamenti differenziati.
Il Tribunale, sebbene avesse dato atto che non era accertato il grado dei dolori che affliggevano l'atleta, ha concluso nel senso dell'impossibilità oggettiva senza adeguata motivazione e commettendo altresì l'errore giuridico di non disporre consulenza medico-legale con la giustificazione che non era stata chiesta dalle parti, giustificazione non rispondente alla realtà processuale ed in contrasto con il potere di ufficio spettante al giudice.

5.3. Il riferito motivo di ricorso non è meritevole di accoglimento.
Con affermazione non specificamente investita da censure, il Tribunale riferisce di avere accertato in fatto, anche sulla base della documentazione medica acquisita, che il giocatore era stato colpito da "un'affezione alla schiena che incideva nella sua forma atletica e rendeva doloroso lo svolgimento dell'attività sportiva", situazione alla quale aveva fatto fronte assumendo appositi farmaci.
E' in relazione a tale accertamento che va valutata l'ulteriore affermazione circa l'irrilevanza di un'indagine diretta a stabilire se, alle condizioni descritte, fosse possibile continuare a disputare partite, perché - e la puntualizzazione in diritto è senz'altro corretta - l'indisponibilità del diritto alla salute non consente di ritenere che il contratto obblighi ad optare, in presenza di diverse valutazioni sanitarie, per l'una anziché per l'altra, ovvero di sopportare un certo grado di dolore, di assumere farmaci e di rinviare un intervento chirurgico pacificamente indispensabile.
Conclusivamente, il giudizio del Tribunale circa l'esistenza di una situazione di impossibilità della prestazione è sufficientemente motivato e privo di errori giuridici e logici mentre l'accenno al fatto che le parti non avevano chiesto alcun accertamento peritale non assume nel contesto delle argomentazioni rilievo decisivo.

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